Non menzione nel certificato penale rilasciato all’interessato del reato di guida in stato di ebbrezza se estinto per il positivo svolgimento dei lavori di pubblica utilità
Corte Costituzionale, Sentenza nr. 179 del 30 luglio 2020.
Con la sentenza in commento, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 24 D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, nella parte in cui non prevede che nel certificato penale del casellario giudiziale richiesto dall’interessato non vengano riportate le iscrizioni delle sentenze di condanna per il reato di cui all’art. 186 CdS dichiarato estinto per lo svolgimento positivo dei lavori di pubblica utilità.
In particolare, la Consulta – specificando che a seguito dell’entrata in vigore del DLgs. 2 ottobre 2018, n. 122 (con il quale è stato abrogato il previgente art. 25 T.U. casellario giudiziale) il certificato previsto dall’art. 24 e quello previsto dall’art. 25 sono stati unificati in un unico “certificato del casellario giudiziale richiesto dall’interessato” – ha ritenuto fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate con due distinte ordinanze, rispettivamente, dalla Corte di Cassazione e dal Tribunale di Napoli.
Prendendo le mosse dalla sentenza n. 231/ 2018, che ha dichiarato lesiva dell’art. 3 Cost. l’omessa previsione della non menzione dei provvedimenti relativi alla messa alla prova nei certificati del casellario richiesti da privati, la Corte Costituzionale ha ritenuto che le medesime considerazioni potessero svolgersi per i lavori di pubblica utilità.
Difatti, proprio come la messa alla prova – “il lavoro di pubblica utilità comporta per il condannato un percorso che implica lo svolgimento di un’attività in favore della collettività, e dunque esprime una meritevolezza maggiore – in caso di svolgimento positivo dell’attività – rispetto a quella espressa da chi si limiti a concordare la propria pena con il pubblico ministero, ovvero non si opponga al decreto penale di condanna, beneficiando per ciò stesso della non menzione nei certificati del casellario richiesti dai privati”.
E ancora, la Consulta ha tenuto a precisare che “analogamente a quanto affermato per la messa alla prova, infatti, anche in questo caso l’esigenza di garantire che la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità non sia concessa più di una volta (art. 186, comma 9-bis, ultimo periodo, cod. strada) e che in caso di recidiva nel biennio sia revocata la patente (art. 186, comma 2, lettera c, cod. strada) è già adeguatamente soddisfatta dall’obbligo di iscrizione dei provvedimenti in questione e della loro menzione nel certificato “ad uso del giudice”.
Pacifico risulta quindi che l’assenza della previsione de qua comporterebbe serie difficoltà per l’interessato ad accedere a nuove opportunità lavorative.
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