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L’assoluzione dall’appropriazione indebita comporta l’assoluzione dalla bancarotta se il fatto di reato è il medesimo

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Cassazione Penale, Sezione Quinta, 6 giugno 2018, Sentenza n. 25651

Se l’amministratore è assolto dall’appropriazione indebita ai danni della societa’, poi fallita, viene meno anche l’accusa di bancarotta per distrazione.
L’amministratore di una società aveva sottratto assegni per un valore di circa 35.000 euro ed era stato, per tale fatto, imputato del reato di cui all’art. 646 c.p.
All’esito del processo, veniva assolto dall’appropriazione indebita e, successivamente, vedeva fallire la propria società; dopo essere stato nuovamente processato per il medesimo fatto, l’amministratore veniva condannato in primo grado per il reato di bancarotta fraudolenta, ex art. 216, L. Fall.

La Corte d’Appello di Trieste confermava la sentenza e l’amministratore, quindi, ricorreva in Cassazione, sostenendo che, essendo già stato processato per lo stesso fatto, la sentenza di condanna violava il principio del ne bis in idem.

La pronuncia qui riportata affronta il rapporto sussistente tra appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta, rapporto di cui si è a lungo dibattuto tanto in dottrina quanto in giurisprudenza e che, nella vicenda in esame, viene risolto appoggiando la tesi del concorso apparente di norme, potendosi ravvisare tra le fattispecie in parola un’identità di fatto concreto.

Ed invero, nella motivazione, il Supremo Consesso ha superato quello che era ormai orientamento consolidato nella giurisprudenza più recente, secondo cui “l’appropriazione indebita e la bancarotta fraudolenta per distrazione sono in rapporto di contenuto a contenitore, dacchè la bancarotta fraudolenta integra una ipotesi di reato complesso, ai sensi dell’art. 84 c.p., sicchè solo l’avvio del procedimento per bancarotta esclude la possibilità di un secondo giudizio per l’appropriazione, e non viceversa…” (ex multis, Cass., n. 2295 del 3/7/2015).

Argomentando controcorrente, anche alla luce dei principi espressi dalla Corte Costituzionale n. 200 del 31/5/2016, la Cassazione spiega come un nuovo giudizio possa essere consentito soltanto se il fatto che si intende punire sia diverso e non perché con la stessa condotta siano state violate più norme penali.

Nonostante appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta per distrazione siano fattispecie strutturalmente differenti (se solo si considera che la bancarotta ha quale elemento in più il fallimento), la diversità che risiede nel pregiudizio ai creditori e nella diminuzione delle garanzie patrimoniali non rileva ai fini dell’indentificazione del fatto.
Dunque, pur trattandosi di norme dalla struttura diversa, nella vicenda in oggetto la Corte ha ritenuto che non vi fossero elementi idonei a sostenere che il reato di cui all’art. 216 L. Fall. integrasse un fatto diverso dal reato di cui all’art. 646 c.p., oggetto di pronuncia (assolutoria) già passata in giudicato.

Nella vicenda che occupa, la Suprema Corte, quindi, ha ritenuto che l’azione penale non dovesse essere esercitata e la sentenza è stata annullata senza rinvio.

Clicca qui per visualizzare la sentenza.

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