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La rilevanza della scriminante ex art. 45 c.p. nel reato di omesso versamento IVA (art.10- ter, D.Lgs. 74/2000)

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Cassazione Penale, Sezione Terza, 13 febbraio 2019, Sentenza n. 6920.

La Corte di Cassazione – con la sentenza di seguito riportata – ha affrontato il tema della responsabilità dell’imprenditore che non ottempera agli obblighi di versamento IVA nell’ipotesi in cui l’azienda versi in un evidente stato di crisi finanziaria.
Nel corso del giudizio, era emerso che l’appellante aveva scelto di provvedere al pagamento delle retribuzioni dei propri dipendenti, risultando altresì evidente la mancanza del dolo specifico integrante il reato di cui all’art. 10 ter Dlgs. 74/2000, anche tenuto conto del piano di ammortamento del debito tributario concordato con l’amministrazione fiscale.

La stessa s.r.l., infatti, aveva dovuto continuare la fornitura nei confronti di una società fallita ed inadempiente al fine di garantirne la continuità aziendale; ciò aveva comportato una carenza di liquidità della s.r.l. e la successiva omissione, da parte della stessa, dei versamenti dell’IVA dovuta. Nella sentenza impugnata – la Corte territoriale, che nel giudizio per omesso versamento dell’IVA aveva confermato la sentenza di primo grado ritenendo la penale responsabilità del legale rappresentante della s.r.l. titolare del rapporto tributario – non aveva certamente tenuto conto delle peculiarità del caso concreto evidenziate dalla difesa.
Ed infatti, emergeva in chiaro che l’omesso versamento delle imposte dovute derivasse dalla grave e irreversibile situazione in cui versava l’impresa.

Sul punto, occorre rilevare che il nostro ordinamento giuridico, all’art. 45 c.p., esclude la punibilità del fatto commesso per caso fortuito o per forza maggiore.
Gli Ermellini, dunque, hanno annullato con rinvio la sentenza di condanna pronunciata dalla Corte d’Appello di Lecce, riconoscendo la rilevanza, nel caso di specie, della scriminante della forza maggiore.
In merito, è risultata rilevante la volontà dell’imprenditore di porre in essere tutte le misure possibili per gestire al meglio lo stato d’insolvenza, scongiurando il dolo specifico di evasione richiesto dalla norma.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ANDREAZZA Gastone – Presidente
Dott. CERRONI Claudio – rel. Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere

Dott. SEMERARO Luca – Consigliere
Dott. REYNAUD Gianni F. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 26/02/2018 della Corte di Appello di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Claudio Cerroni;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Molino Pietro, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
uditi per il ricorrente l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 26 febbraio 2018 la Corte di Appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza del 3 marzo 2015 del Tribunale di Brindisi, ha rideterminato in mesi quattro di reclusione la pena complessivamente inflitta ad (OMISSIS), nella qualita’ di legale rappresentante della s.r.l. (OMISSIS), per il reato di cui al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 10-ter, stante l’omesso versamento dell’Iva dovuta in relazione all’anno d’imposta 2010.
2. Avverso la predetta decisione e’ stato proposto ricorso per cassazione articolato su tre motivi di impugnazione.
2.1. In particolare, col primo motivo il ricorrente ha lamentato violazione di legge stante la mancata considerazione dell’insussistenza dell’elemento psicologico, atteso che non erano state in alcun modo valutate le particolarita’ della fattispecie, laddove – a fronte del mancato pagamento delle fatture da parte della (OMISSIS), abitualmente fornita dalla societa’ del ricorrente quest’ultima, costretta ad assicurare la continuita’ aziendale della (OMISSIS) come disposto dal commissario straordinario, non era stata in grado di pagare l’Iva siile fatture emesse. Detta omissione era stata quindi dovuta ad una situazione particolare, in quanto non era stata conseguenza di una libera scelta, mentre la Corte territoriale non aveva inteso valorizzare la fattispecie peculiare.
2.2. Col secondo motivo e’ stata censurata violazione e falsa applicazione dell’articolo 45 c.p., attesa la mancata considerazione dell’esimente della forza maggiore nonostante i comportamenti posti in essere (richiesta di rateazione del debito e pagamento integrale dell’imposta e delle sanzioni), ed in forza della stessa continuita’ aziendale richiesta dal commissario straordinario della (OMISSIS).
2.3. Col terzo motivo e’ stata censurata la mancata considerazione del motivo di gravame relativo alla richiesta sospensione condizionale della pena.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilita’ del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso e’ fondato.
4.1. In relazione al proposto ricorso, ed in via del tutto assorbente, la Corte ricorda che sussiste il vizio di mancanza di motivazione ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), non solo quando vi sia un difetto grafico della stessa, ma anche quando le argomentazioni addotte dal giudice a dimostrazione della fondatezza del suo convincimento siano prive di completezza in relazione a specifiche doglianze formulate dall’interessato con i motivi d’appello e dotate del requisito della decisivita’ (Sez. 6, n. 35918 del 17/06/2009, Greco, Rv. 244763; Sez. 5, n. 2916 del 13/12/2013, dep. 2014, Dall’Agnola, Rv. 257967).
Cio’ posto, in sede di appello, come correttamente riportato nella motivazione del provvedimento impugnato, l’odierno ricorrente aveva rappresentato l’esistenza del peculiare stato di crisi derivante dal crac (OMISSIS), con le conseguenti forzate sospensioni di pagamento e quindi il difetto dell’elemento psicologico anche in ragione della crisi generale, nonche’ l’avvenuto ravvedimento operoso a seguito del concordato piano di ammortamento del debito tributario con l’amministrazione fiscale. Si’ che infine venivano lamentate sia l’eccessivita’ della pena che la mancata sospensione condizionale.
4.1.1. In proposito, la sentenza impugnata – dopo avere premesso che l’impugnazione non appariva fondata nel merito – si e’ in primo luogo dilungata, mutata l’impostazione grafica della decisione, sull’illustrazione della fattispecie di cui all’articolo 10-ter cit., poi ha ricordato che l’appellante aveva scelto di provvedere al pagamento delle retribuzioni ai dipendenti ed infine ha richiamato i principi in tema di elemento psicologico, sottolineando l’irrilevanza della crisi di liquidita’ del soggetto tenuto al pagamento fiscale. Oltre a cio’ sono stati riportati ampi stralci di Sez. 3, n. 8352 del 25/02/2015, con successivi richiami alla norma di cui all’articolo 649 c.p.p.. Mentre infine la Corte territoriale ha ritenuto di riconoscere con valutazione di prevalenza le gia’ concesse attenuanti generiche, invero disattendendo la richiesta di sospensione condizionale.
4.1.2. In definitiva, quindi, ed anche a tacere dalla ricordata differenza grafica, da un lato e’ stato allegato un irrilevante passaggio argomentativo sulla norma di cui all’articolo 649 cit., che non faceva invece parte delle censure d’appello, e dall’altro in effetti vi e’ stata la sola risposta in ordine alla mitigazione del trattamento sanzionatorio ed al rigetto del chiesto beneficio della pena sospesa.
Nulla invece e’ stato dedotto in relazione alla peculiarita’ della vicenda, alle necessita’ di fare fronte alle commesse (OMISSIS) (a fronte anche delle urgenze rappresentate dalle figure pubbliche di riferimento della procedura concorsuale) ed al conseguente ulteriore indebitamento. Si’ che, in buona sostanza, e’ venuta meno la risposta alle questioni decisive agitate col gravame, del quale l’imputato s e’ nuovamente doluto in questa sede.
5. Alla stregua delle considerazioni che precedono, pertanto, la sentenza impugnata va annullata, con rinvio alla Corte di Appello di Lecce sezione distaccata di Taranto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Lecce sezione distaccata di Taranto.

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