L’applicabilità alle coppie di fatto della esimente di cui all’art. 384 c.p. e, in generale, degli istituti del diritto penale riguardanti i coniugi
Cassazione Penale, Sesta Sezione Penale, 14 marzo 2019, Sentenza n. 11476
Con la sentenza in commento la Suprema Corte di Cassazione si è espressa sulla applicabilità ai conviventi dell’esimente di cui all’art. 384 comma 1 c.p. e, più in generale, delle norme dell’ordinamento penale che prevedono un trattamento in bonam partem per i coniugi (da intendersi, alla luce delle modifiche all’ordinamento introdotte dalla L. 20 maggio 2016 nr. 76, – c.d. Legge Cirinnà – come le coppie legate sia dal vincolo del matrimonio che con unione civile).
Già la Corte Costituzionale e la dottrina, in passato, avevano affrontato il tema, ponendolo come una questione di ragionevolezza, al fine di valutare se la giustificazione originaria della disciplina derogatoria per i coniugi avesse conservato la propria efficienza, anche in ragione di un mutamento della situazione di fatto e delle norme regolatrici stesse.
Nel caso di specie, C.S. era stato condannato dalla Corte di appello di Venezia, che confermava la sentenza del Tribunale di Vicenza, per il reato di favoreggiamento, in quanto lo stesso aveva aiutato l’evaso C.M., fratello della sua convivente, ospitandolo nella propria abitazione e fornendo false indicazioni ai carabinieri in ordine a detta circostanza; i giudici di merito non avevano ritenuto applicabile la causa di non punibilità prevista dall’art. 384 comma 1 c.p. in quanto C.S. non poteva essere considerato prossimo congiunto di C.M. ai sensi dell’art. 307 c.p.
La Corte di Cassazione nella sentenza in commento affronta lo sviluppo del rilievo dato alla convivenza more uxorio dal legislatore e dalla giurisprudenza rispetto all’originario impianto codicistico, come nel caso dei “maltrattamenti in famiglia”, diventati, a partire dal 2012, “maltrattamenti contro i familiari ed i conviventi” e le previsioni di garanzia previste dalla L. 20 maggio 2016 nr. 76 in tema di assistenza sanitaria e lavoro.
La Suprema Corte si confronta con il problema sorto dal fatto che, la legge 76/2016 stessa ed il d. lgs. 6/2017, equiparando espressamente le unioni civili al matrimonio dal punto di vista dell’ordinamento penale, non operano lo stesso rinvio espresso anche per i conviventi, rischiando così una esclusione implicita degli stessi dalle previsioni in bonam partem del diritto penale. Secondo la Corte di Cassazione però ciò non varrebbe ad escludere lo sviluppo della tutela ed il processo di parificazione con i coniugi approntati dalla legge e dalla giurisprudenza ai conviventi more uxorio nel corso degli anni, anche alla luce di una lettura conforme all’art. 8 CEDU, il quale accoglie una nozione sostanziale ed onnicomprensiva di famiglia.
Il Supremo Consesso ha quindi ritenuto applicabile l’esimente p. e p. dall’art. 384 c.p. al caso di specie, annullando senza rinvio la sentenza impugnata.
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