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Covid-19: le possibili sanzioni, penali ed amministrative, per le società ed i loro amministratori.

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1) Cosa cambia con il nuovo DPCM del 10 aprile 2020.

Nel tentativo di riordinare l’intera disciplina emergenziale, il Governo ha emanato un nuovo provvedimento (in vigore dal 14 aprile 2020) che, se da un lato è volto a limitare ulteriormente la libera circolazione delle persone, dall’altro consente l’apertura di alcune attività.

Dunque, ferma restando la proroga delle misure restrittive di contrasto al Covid-19 con riguardo a specifici settori, proroga voluta – tra le altre – da Regione Lombardia (ordinanza 11 aprile 2020), ad alcuni servizi è consentito ripartire purché adottino le misure igieniche espressamente elencate nel DPCM.

Nel dettaglio, il decreto consente che – unitamente alle attività produttive reputate essenziali e indispensabili per l’economia nazionale e a quelle cui era già consentita l’apertura nei DPCM del 22 marzo e del 1 aprile – :

– sia assicurata la continuità delle filiere produttive richiamate nel catalogo di codici ATECO, previa comunicazione all’Autorità prefettizia della Provincia ove si trova l’attività;

– sia garantito lo svolgimento delle attività degli impianti a ciclo produttivo e continuo e il settore dell’aerospazio e della difesa, per il cui esercizio è richiesta, invece, una specifica autorizzazione del Prefetto.

Quanto alle attività ancora sospese, è importante evidenziare che è possibile l’accesso ai locali aziendali per motivi di vigilanza, sanificazione o spedizione/ricezione di merci custodite nei magazzini.

In tale prospettiva, tuttavia, tenuto conto dell’elevatissima capacità diffusiva del Covid-19, è necessario che i settori rimasti in funzione rispettino le misure per il contenimento della propagazione del virus all’interno degli ambienti di lavoro evitando, in questo modo, di incorrere in violazioni oltre che amministrative di rilevanza penale.

 

2) Il nuovo art. 4, D.L. 19/2020.

Il nuovo sistema sanzionatorio disegnato dal decreto legge ha inteso depenalizzare le violazioni delle regole di contenimento prevedendo per i trasgressori la comminazione di una sanzione amministrativa in luogo di quella penale, fatta eccezione per l’inottemperanza alla misura della quarantena obbligatoria che punisce con l’arresto da 3 a 18 mesi e il pagamento di un’ammenda da 500 a 5000 euro (senza possibilità, quindi, di ricorrere all’oblazione) la condotta di chi, risultato positivo al virus, si allontana dalla propria abitazione o dimora.

Tuttavia, nonostante la violazione delle misure di contenimento per chi non sia positivo al Covid-19 costituisca un illecito amministrativo (sanzione pecuniaria da 400 a 3000 euro e chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni), è bene evidenziare che l’art. 4 citato contiene la clausola di riserva “salvo che il fatto costituisca reato”.

Ciò significa che se la violazione commessa integra un reato previsto da altre fonti normative, ben potrà essere applicabile al trasgressore una fattispecie penale.

 

3) Sanzioni penali per il datore di lavoro che viola le restrizioni di cui all’art. 1, co. 2 del D.L. 19/2020.

Occorre, quindi, chiedersi quali reati possano configurarsi in capo al datore di lavoro nel caso di contagio da “Coronavirus” del dipendente della sua società, laddove sia accertato che esso sia contratto in occasione dello svolgimento dell’attività lavorativa e, quindi, sul luogo di lavoro.

Indubbiamente un’area di rischio è costituita dai reati contro la persona.

Al datore di lavoro potrebbe infatti essere addebitata la responsabilità penale per lesioni personali colpose gravi o gravissime (art. 590 c.p.) o per omicidio colposo (589 c.p.), eventualmente aggravati dalla violazione delle norme antinfortunistiche (T.U. 81/2008 – sicurezza e salute sul lavoro) se venga provato che non siano state adottate le misure necessarie a prevenire il rischio di contagio dei lavoratori.

Per aversi responsabilità penale, tuttavia, dovrà essere dimostrato che proprio la negligenza/imprudenza del datore di lavoro ha comportato il contagio del dipendente e che non sia ipotizzabile che quest’ultimo abbia contratto il virus nell’ambito della propria vita privata per non avere adottato la prevenzione necessaria ad evitare la malattia.

Va altresì precisato che, a prescindere dalle lesioni o dalla morte del dipendente, il datore di lavoro potrebbe essere chiamato a rispondere delle fattispecie contravvenzionali di cui al T.U. 81/2008 che, con la pena dell’arresto o dell’ammenda, punisce la condotta del datore di lavoro che non abbia osservato le disposizioni sulla sicurezza ivi contenute.

Più nello specifico, l’art. 15 del T.U. 81/2008 fissa le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro che il datore deve adottare.

In particolare egli è tenuto a:

  • valutare i rischi;
  • programmare la prevenzione;
  • eliminare e/o ridurre i rischi;
  • organizzare il lavoro in base ai principi ergonomici;
  • informare e formare il dipendente;
  • fornire ai lavoratori necessari e idonei dispositivi di protezione individuale e collettiva;
  • richiedere l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti;
  • astenersi dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un rischio grave e immediato.

 

A tali misure generali si aggiungono gli obblighi del datore di lavoro delineati espressamente dall’art. 17 del T.U. 81/2008 come non delegabili.

Essi riguardano:

  1. a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28;
  2. b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.

In questo senso appare suggeritile di revisionare/aggiornare il documento di valutazione dei rischi (DVR) inserendo quelle valutazioni e quelle determinazioni che l’imprenditore andrà ad assumere in materia di sicurezza avendo cura che esse siano specifiche e che abbiano riguardo delle peculiari problematiche di trasmissione del Covid-19 in conformità alle disposizioni di legge anti-contagio.

La rilevanza dell’aggiornamento del DVR è ulteriormente accentuata sol che si considerino le sanzioni di cui all’art. 55 del citato T.U.

Nel caso di mancato adempimento di quanto prescritto all’art. 17, infatti, l’art. 55 prevede la pena dell’arresto da 4 a 8 mesi o dell’ammenda da 5.000 a 15.000 euro per il datore di lavoro che ometta la valutazione dei rischi o l’adozione del documento di valutazione o che lo adotti in assenza di specifici elementi (pena, questa, ulteriormente aumentata in casi determinati dallo stesso articolo del T.U.).

L’aggiornamento del documento di valutazione dei rischi diviene dunque un imprescindibile strumento per rispettare le misure di prevenzione per il contenimento del contagio per tutti gli imprenditori, anche quelli che non svolgano attività in ambito sanitario.

Ciò tenuto conto della posizione di garante della salute e della sicurezza di cui è investito il legale rappresentante della società che ha l’obbligo di adottare gli accorgimenti utili a proteggere i propri prestatori di lavoro valutando i rischi di volta in volta configurabili, provvedendovi con la collaborazione del responsabile del servizio prevenzione e coordinando il sistema del T.U. 81/2008 con le linee guida dettate dal Governo.

Per quanto concerne la prosecuzione dell’attività imprenditoriale, va infine ricordato che, qualora il datore di lavoro fornisca agli organi competenti (Prefettura) delle informazioni non corrispondenti al vero e dichiari, ad esempio, ragioni che giustifichino la prosecuzione dell’attività in realtà non legittime, egli potrebbe rispondere del reato di falso ideologico di cui all’art. 483 c.p.

Inoltre, proprio perché in astratto i reati di lesioni gravi o gravissime o di omicidio colposo costituiscono reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti, ex D. Lgs. 231/2001, se il contagio da Covid-19 si è manifestato nell’ambito di un’impresa organizzata in forma societaria, potrebbe essere contestata alla società la responsabilità amministrativa degli enti in relazione all’art. 25 septies, D. Lgs. 231/2001.

 

4) Sanzioni per le società: il D. Lgs. 231/2001.

Come è noto, il presupposto per la responsabilità amministrativa dell’ente è che i reati di lesioni gravi o gravissime o di omicidio colposo siano stati commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso.

Tale presupposto potrebbe essere ritenuto sussistente nell’ipotesi in cui la società abbia omesso di acquistare, ad esempio, i dispositivi di protezione individuale per i lavoratori, così risparmiando sui costi, oppure abbia impiegato un numero di lavoratori maggiore rispetto a quello necessario, così aumentando la produzione e, conseguentemente, i profitti.

Se dalla commissione del fatto l’ente ha tratto o avrebbe voluto trarre un interesse o un vantaggio, potrebbero essere applicate sia sanzioni pecuniarie (diverse a seconda del reato: per le lesioni, da 25.800 a 387.250 euro; per l’omicidio, da 64.500 a 774.500 euro) sia sanzioni interdittive (come la sospensione o la revoca delle autorizzazioni).

 

A tal proposito, come previsto dall’art. 6 del D. Lgs. 231/2001, sarà compito dell’Organismo di Vigilanza (OdV) verificare che la società adotti le misure necessarie per prevenire il rischio di trasmissione del virus monitorando e costantemente aggiornando il Modello organizzativo.

Al fine di garantire l’implementazione e il rispetto delle norme per la prevenzione, l’OdV sarà tenuto a favorire una stretta collaborazione tra l’organo direttivo e i soggetti responsabili della sicurezza sul lavoro (RSPP, RLS, medico competente, preposti) gestendo le eventuali segnalazioni e suggerendo al CdA le modifiche da apportare al Modello organizzativo di cui curerà la diffusione tra i suoi destinatari.

 

È opportuno ricordare, inoltre, che l’assoluzione della persona fisica (rappresentante, dirigente, preposto, etc.) non esclude automaticamente la responsabilità dell’ente, come previsto dall’art. 8 del D. Lgs. 231/2001. Si ricorda, in proposito, che all’assoluzione della persona fisica imputata del reato presupposto per causa diversa dall’insussistenza di quest’ultimo non consegue l’esclusione della responsabilità dell’ente per la sua commissione; la responsabilità dell’ente, oltretutto, permane anche nel caso in cui non venga identificato l’autore del reato.

 

5) Come evitare di incorrere in sanzioni penali e amministrative.

Per evitare di incorrere in sanzioni, le attività rimaste in funzione devono rispettare quanto prescritto nel “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus negli ambienti di lavoro” sottoscritto da Governo e parti sociali in data 14 marzo 2020.

L’accordo – che prevede una serie di misure di sicurezza che le realtà aziendali devono applicare – ha l’obiettivo di assicurare la tutela della salute dei lavoratori e di garantire che la prosecuzione delle attività produttive avvenga solo a condizione che siano adeguati i livelli di protezione.

Per favorire il contenimento del virus è possibile sospendere o ridurre temporaneamente l’attività prediligendo le modalità di lavoro da remoto o agile (smart working).

Più nello specifico, il Protocollo contiene le seguenti prescrizioni:

  • L’informazione sulle disposizioni delle Autorità e del datore di lavoro per il contenimento del contagio che l’azienda deve fornire a tutti i lavoratori e a chiunque vi faccia ingresso.
  • La predisposizione di controlli all’entrata e il divieto di fare ingresso in azienda a chi sia stato a contatto con persona infetta.
  • I contatti con i fornitori esterni, rispettando le distanze di sicurezza.
  • La pulizia giornaliera e la sanificazioneperiodica dell’azienda nonché le precauzioni igieniche personali, a partire dal corretto lavaggio delle mani.
  • L’adozione dei dispositivi di sicurezza individuale.
  • L’accesso agli spazi comuni in modo contingentato.
  • L’organizzazione aziendale anche tramite smart working o turnazione.
  • Gli ingressi e le uscite
  • Il divieto di riunioni ed eventi.
  • La segnalazione e l’isolamento di persone asintomatiche.
  • Le attività di sorveglianza sanitaria tramite il medico competente che deve segnalare all’azienda i lavoratori affetti da patologie pregresse o con precarie condizioni di salute.

 

Alla luce del nuovo sistema di sicurezza aziendale, al fine di escludere che qualsiasi rimprovero possa essere mosso a lui personalmente o all’azienda che rappresenta, risulta quanto mai necessario che l’imprenditore si attenga scrupolosamente alle regole cautelative delineate dai provvedimenti normativi emessi e a quelli in via di emanazione – rispetto ai quali formuleremo ulteriori riflessioni – ed adotti qualsivoglia ulteriore precauzione che sia suggerita dall’esperienza e dalla peculiarità del ciclo produttivo.

Qualora l’imprenditore avesse intenzione di assumere nuove e specifiche precauzioni per elidere il rischio-contagio appare suggeribile, nel caso di presenza di una rappresentanza sindacale, che gli accorgimenti programmati venissero concertati con la rappresentanza medesima o, comunque, condivisi.

 

  

 

 

Clicca qui per visualizzare il DPCM del 10 aprile 2020.

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