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Se l’omicidio e le lesioni stradali derivano da altro delitto non si applica l’aumento di pena ex art. 586 c.p. e può trovare applicazione l’istituto della continuazione

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Cassazione Penale, Sez. III, sentenza 10 giugno 2019, n. 25538

Con la sentenza in commento, la Suprema Corte offre lo spunto per interrogarsi in ordine a due distinte questioni.

Più precisamente, la Cassazione chiarisce, da un lato, se debba applicarsi l’aumento di pena previsto dall’art. 586 c.p. qualora i reati di omicidio e lesioni stradali derivino da altro delitto e, dall’altro lato, se l’aggravante della colpa con previsione sia compatibile con la disciplina del reato continuato.

Quanto alla prima questione di diritto, la Corte afferma il principio secondo cui “l’art. 586 non prevede per ogni categoria di omicidio e lesioni colpose l’automatica applicazione dell’art. 589 e 590, ma solo che, qualora l’evento effettivamente cagionato sia sussumibile in tali disposizioni, le relative pene siano aumentate. Quando, invece, i fatti sono sussumibili nelle fattispecie speciali di cui agli artt. 589-bis e 590-bis, l’aumento di pena previsto dall’art. 586 non si applica, perché esso trova applicazione solo se sono configurabili i reati di cui agli artt. 589 e 590 c.p.

La Cassazione ricorda che essendo i reati di cui agli artt. 589 bis e 590 bis c.p. fattispecie speciali rispetto alle condotte punite dagli artt. 589 e 590 c.p., debba trovare applicazione la disciplina dell’aberratio delicti di cui all’art. 83 c.p. in luogo dell’aumento previsto dall’art. 586 c.p.

Nella seconda parte della sentenza viene invece affrontata la compatibilità tra la disciplina del delitto continuato e l’aggravante della colpa con previsione, prevista dall’art. 61 n. 3 c.p.

In primo e in secondo grado era stata applicata la disciplina della continuazione solo ed esclusivamente per il capo a) dell’imputazione (la detenzione a fini di spaccio) ed il capo b) (la resistenza a pubblico ufficiale). Tribunale e Corte d’Appello avevano ritenuto di escludere dall’applicazione della disciplina del reato continuato l’ultimo capo di imputazione (artt. 590 bis e 589 bis, 61 n. 3 c.p.). L’esclusione dell’applicazione della disciplina veniva giustificata dalla incompatibilità del reato continuato con i reati colposi.

La Suprema Corte, tuttavia, accogliendo il motivo proposto dalla difesa, ha al contrario affermato che pur essendo vero che l’unicità del disegno criminoso mal si concilia con i reati colposi – se si considera che in tali reati l’evento non è voluto dall’agente – è necessario fare riferimento al caso concerto e al fatto che, nel caso di specie, sia contestata l’aggravante della colpa con previsione e ciò proprio perché l’agente si è comunque prospettato l’evento che sarebbe potuto derivare dalla sua condotta.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III PENALE

Sentenza 14 febbraio – 10 giugno 2019, n. 25538

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE  

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza del 4 giugno 2018, la Corte di appello di Firenze ha parzialmente riformato la sentenza del 27 ottobre 2017 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lucca, con la quale l’imputato era stato condannato per i reati di cui agli artt.: a) art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, per avere – di concerto con altri imputati – ricevuto e detenuto a fini di spaccio e trasportato a bordo di un’auto un quantitativo di stupefacente del tipo cocaina pari a non meno di 105 grammi (quello rinvenuto e sequestrato); b) art. 61, n. 2), e art. 337 c.p., perchè, in occasione dell’alt intimato da personale della Polizia di Stato con segnali luminosi e sonori della sirena e con paletta segnaletica, per impedire l’atto di controllo da parte dei pubblici ufficiali e costringendoli così nell’inseguimento per diversi chilometri ad esporsi al pericolo per portare a termine il proprio dovere, intentava una fuga a velocità elevatissima nel traffico cittadino, ponendo in essere pericolose manovre, tentando di investire l’auto della Polizia per impedire di essere bloccato; con l’aggravante di avere commesso il fatto al fine di procurarsi la fuga e l’impunità del reato di cui al capo a); c) art. 81 c.p., art. 590 bis c.p., comma 5, art. 61 c.p., n. 2), art. 61 c.p., n. 3), art. 589 bis c.p., comma 5, n. 1), e comma 8, perchè, ponendo in essere le manovre descritte nel capo precedente, perdeva per colpa graveil controllo del mezzo, che impattava su un muro di cemento e precipitava per diversi metri in un greto sottostante, cagionando la morte di uno dei passeggeri posteriori e lesioni (per uno gravi) agli altri due passeggeri; con colpa cosciente e per ottenere la fuga e l’impunità del reato di cui al capo a). Il Gup aveva dichiarato di non doversi procedere contro J.B. in relazione al reato di lesioni personali stradali gravi in danno di A.A. perchè, riqualificato il fatto nei termini dell’art. 590 c.p., comma 1, l’azione penale non doveva essere iniziata per assenza di querela; non aveva riconosciuto la continuazione tra i reati dei capi a) e b), da un lato, e quelli del capo c), dall’altro. La Corte d’appello ha escluso la fattispecie di cui all’art. 586 c.p., rideterminando la pena per i delitti di cui al capo c), in anni due, mesi due e giorni venti di reclusione e confermando nel resto la sentenza di primo grado.

2. – Avverso la sentenza l’imputato ha presentato, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.

2.1. – Con un primo motivo di ricorso, la difesa censura – in relazione al capo c) dell’imputazione – la violazione dell’art. 81, art. 590 bis, comma 5, art. 61, n. 2), art. 61, n. 3), art. 589 bis c.p., comma 5, n. 1), e comma 8, e il vizio di motivazione in relazione a quanto dedotto con il primo motivo di appello circa l’errata applicazione del disposto di cui all’art. 586 c.p., da parte del giudice di primo grado. Secondo la difesa, il giudice, pur condividendo in linea di principio la tesi difensiva, aveva applicato il disposto di cui all’art. 586 c.p., non in relazione agli artt. 589 e 590 c.p. – richiamati dalla norma – ma in relazione agli artt. 589 bis e 590 bis, non richiamati dalla norma – aumentando corrispondentemente la pena. Il ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe omesso la motivazione in relazione alla ritenuta errata qualificazione giuridica dei fatti che avrebbero dovuto trovare regolamentazione nell’ambito del combinato disposto di cui agli artt. 586, 589 e 590 c.p., concentrandosi essenzialmente sul profilo della pena, disattendendo la richiesta principale.

2.2. – Con un secondo motivo di ricorso – strettamente connesso al primo e anch’esso riferito al capo c) dell’imputazione – la difesa censura la violazione dell’art. 81 c.p., art. 590 bis c.p., comma 5, art. 61 c.p., n. 2), art. 61 c.p., n. 3), art. 589 bis c.p., comma 5, n. 1), e comma 8, e l’errata qualificazione giuridica del fatto in relazione a quanto dedotto con il primo motivo di appello circa l’applicabilità nel caso di specie del combinato disposto degli artt. 586, 589 e 590 c.p.. Secondo la difesa, sebbene sia il giudice di primo grado, sia la Corte territoriale abbiano ritenuto applicabile la fattispecie di cui all’art. 586 c.p., arrivando correttamente ad espungere, ancorchè solo in secondo grado, il corrispondente aumento di pena, dalla lettura di entrambe le pronunce e dallo stesso capo di imputazione, emergerebbe che l’imputato ha opposto resistenza all’inseguimento degli agenti di pubblica sicurezza, ponendo in essere una serie di manovre spericolate finalizzate ad evitare l’arresto che hanno poi provocato l’uscita fuori strada della vettura e – quale evento pacificamente non voluto – la morte di uno dei passeggeri e il ferimento di un altro. A parere della difesa, le spericolate manovre di guida, che dovrebbero rappresentare la violazione alle norme del codice della strada richieste per l’applicabilità degli artt. 589 bis e 590 bis, sono ancor prima elemento costitutivo del reato di resistenza a pubblico ufficiale e, inoltre, le condotte previste dagli artt. 589 bis e 590 bis, prescindono dalla precedente commissione di un delitto doloso di cui non devono essere conseguenza, risultando sufficiente che il soggetto violi le norme della circolazione stradale, cagionando per colpa la morte o le lesioni di una persona.

2.3. – Con un terzo motivo di ricorso, la difesa censura il mancato riconoscimento della continuazione fra i reati ascritti ai capi a) e b) dell’imputazione (già riuniti ex art. 81 cpv. dal Giudice di primo grado), e quelli di cui al capo c). La difesa ricorda che la condotta tenuta dall’imputato alla guida ha determinato la contestata resistenza a pubblico ufficiale, che il giudice ha posto in continuazione con il reato di detenzione di sostanza stupefacente, applicando inoltre l’art. 61 c.p., n. 2), risultando evidente che l’un reato era stato commesso per occultare l’altro o comunque per assicurarne il profitto. Il giudice di primo grado ha, invece, affermato che tali reati non costituiscono l’antecedente logico giuridico degli ulteriori reati di cui agli artt. 589 bis e 590 bis, in quanto vi sarebbe incompatibilità logica tra l’istituto disciplinato dall’art. 81 c.p., ed il reato colposo. La difesa avrebbe quindi rappresentato alla Corte territoriale che tale regola subiva una deroga in applicazione della previsione di cui all’art. 61 c.p., n. 3), e che, nel caso di specie, il riconoscimento da parte del Giudice dell’applicazione della circostanza aggravante suddetta aveva reso ingiustificata la mancata applicazione dell’istituto della continuazione, disciplinato dall’art. 81 c.p., comma 2. Dunque, sarebbe perfettamente applicabile l’istituto della continuazione, non nel senso di un disegno criminoso precisamente programmato ab origine in tutte le sue componenti ma di un progetto criminoso concepito nelle sue linee essenziali ed arricchito, all’occorrenza, da condotte ancillari ideologicamente previste come possibili nello sviluppo logico degli eventi.

2.4. – Il ricorrente ha depositato motivi aggiunti, ai sensi dell’art. 585 c.p.p., comma 4, in data 22 gennaio 2019. Con riferimento ai primi due motivi di ricorso, la difesa ribadisce come l’applicazione delle fattispecie di cui agli artt. 589 bis e 590 bis, ha determinato un trattamento sanzionatorio deteriore rispetto a quello che sarebbe stato applicato qualora l’aumento ex art. 586 c.p. fosse stato calcolato sulla pena prevista per i delitti di cui agli artt. 589 e 590, correttamente richiamati dall’art. 586 c.p.. A parere della difesa, le fattispecie di cui agli artt. 589 bis e 590 bis, sarebbero autonome e non di certo ipotesi aggravate dei delitti di cui agli artt. 589 e 590. Con riguardo al terzo motivo, la difesa sottolinea che il giudice di appello, pur ritenendo di non applicare la continuazione tra i delitti di cui al capo c) e gli altri contestati a J.B., avrebbe comunque dovuto riconoscere il concorso formale tra il reato di cui all’art. 337 c.p., e quelli contestati al capo c), in quanto l’imputato, commettendo il delitto di resistenza a pubblico ufficiale per mezzo delle condotte già descritte, ha contemporaneamente cagionato la morte e le lesioni di alcuni occupanti dell’auto da lui condotta, come conseguenza diretta e non voluta delle condotte costituenti il delitto di cui all’art. 337 c.p..

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è parzialmente fondato.

3.1. – Il primo e il secondo motivo di ricorso, con cui la difesa censura l’erronea qualificazione dei reati e l’erronea applicazione dell’art. 586 c.p., sono infondati. L’imputato lamenta la mancata applicazione degli artt. 586, 589 e 590 c.p., in luogo dell’applicazione degli artt. 589 bis e 590 bis operata dalla Corte d’appello, la quale ha escluso l’applicazione dell’art. 586 ma ha ritenuto i fatti qualificati come 589 bis e 590 bis. Così argomentando, non considera, però, che le fattispecie di lesioni e omicidio stradale – ricorrenti nel caso di specie – sono disciplinate dal 589 bis e 590 bis che sono speciali rispetto agli artt. 589 e 590 c.p., in quanto si riferiscono a condotte tenute “con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale”. Di tale assetto normativo deve tenersi conto nell’interpretazione dell’art. 586, il quale dispone che, quando da un fatto preveduto come doloso deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la morte o la lesione di una persona, si applicano le disposizioni dell’art. 83, ma le pene stabilite negli artt. 589 e 590, sono aumentate; ovvero dispone che il soggetto risponda, oltre che del delitto doloso commesso, anche, a titolo di colpa, dell’evento non voluto. Deve dunque affermarsi che – contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa – l’art. 586 non prevede per ogni categoria di omicidio e lesioni colpose l’automatica applicazione dell’art. 589 e 590, ma solo che, qualora l’evento effettivamente cagionato sia sussumibile in tali disposizioni, le relative pene siano aumentate. Quando, invece, i fatti sono sussumibili nelle fattispecie speciali di cui agli artt. 589 bis e 590 bis, l’aumento di pena previsto dall’art. 586, non si applica, perchè esso trova applicazione solo se sono configurabili i reati di cui agli artt. 589 e 590 c.p.. La Corte d’appello ha fatto corretta applicazione di tali principi, escludendo nel caso di specie l’applicazione dell’art. 586 in relazione agli artt. 589 bis e 590 bis c.p..

3.2. – Il terzo motivo di ricorso, con cui la difesa contesta il mancato riconoscimento della continuazione fra i reati ascritti ai capi a) e b) dell’imputazione, da un lato, e quelli di cui al capo c), dall’altro, è, invece, fondato. Non vi è dubbio che “l’unicità del disegno criminoso” di cui all’art. 81 c.p., comma 2, mal si concili con i reati colposi, nei quali l’evento non è voluto dall’agente e la condotta non perciò considerarsi finalizzata all’evento stesso. Deve però considerarsi che a tale principio fa eccezione il caso in cui l’agente abbia posto in essere il reato colposo agendo nonostante la previsione dell’evento, nel quale, quindi, è contestata la circostanza aggravante della colpa con previsione di cui all’art. 61 c.p., n. 3), (ex plurimis, Sez. 4, n. 3579/2007 del 29/11/2006, Rv. 236018 – 01; Sez. 4, n. 626 del 29/11/2006). La Corte d’appello, nel richiamare la sola giurisprudenza di legittimità riferita all’ipotesi generale dell’incompatibilità della continuazione con i reati colposi, non ha tenuto conto delle circostanze del caso concreto, pur avendo riconosciuto e applicato l’aumento di pena ex art. 61 c.p., n. 3), per la colpa cosciente, riscontrata nella circostanza che le manovre compiute a più riprese da J.B. erano talmente dissennate da metterlo in condizione di prevedere la morte e le lesioni dei passeggeri. 4. – La sentenza impugnata deve essere, conseguentemente, annullata, limitatamente all’omesso riconoscimento dell’istituto della continuazione fra i reati ascritti ai capi a) e b) dell’imputazione e quelli di cui al capo c), con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze, perchè proceda a nuovo giudizio sul punto, facendo applicazione dei principi sopra enunciati, con libertà di esito. Il ricorso deve essere, nel resto, rigettato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’omessa applicazione dell’art. 81 c.p., con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze.

Rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2019. Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2019.  

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