I presupposti del reato di maltrattamenti in famiglia
Cassazione Penale, Sezione Sesta, 19 marzo 2019, Sentenza n. 12196
Con la sentenza in commento, la Suprema Corte ha affermato che devono considerarsi due i presupposti del reato di maltrattamenti in famiglia di cui all’art. 572 c.p.
Anzitutto, la condotta deve necessariamente estrinsecarsi in più atti vessatori produttivi di sofferenze psichiche e/o morali, realizzati in momenti successivi anche se in un contesto temporale limitato.
Ciò significa che, per poter sostenere un’accusa di maltrattamenti in famiglia, le vessazioni riversate sulla vittima non possono essere sporadiche ma devono sostanziarsi in comportamenti abituali.
Dall’altro lato, per quanto concerne l’elemento soggettivo del reato, non è richiesta da parte dell’autore la programmazione di una pluralità di atti ma sono sufficienti la coscienza e la volontà di persistere in un’attività vessatoria, volta a ledere la persona offesa.
Dunque, per l’integrazione del reato in parola, è necessario il dolo unitario che comprovi il “consapevole perseverare in condotte lesive della dignità della persona”.
Nel caso in esame, la Suprema Corte, annullando senza rinvio la sentenza impugnata per intervenuta prescrizione dei reati contestati all’imputato, rileva che la sentenza di primo grado manca di motivazione in relazione alla valutazione dell’abitualità della condotta in quanto non raccorda puntualmente tra loro i singoli comportamenti adottati dall’agente.