L’elemento soggettivo nell’omicidio stradale e il principio del “comportamento alternativo lecito”
Cassazione Penale, Quarta Sezione, 13 luglio 2017, Sentenza n. 34375
Nella pronuncia in esame, la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che, nell’ambito dei casi di omicidio stradale (oggi previsto e punito ex art. 589 bis c.p.), perché possa configurarsi la penale responsabilità del soggetto che ha materialmente causato l’evento, è necessario che il fatto dannoso sia, non solo prevedibile, ma altresì evitabile tramite l’adozione da parte dell’agente delle regole cautelari previste dal Codice della strada ed idonee ad evitare l’incidente stradale (trattasi del c.d. comportamento alternativo lecito). Non può essere quindi imputato per colpa, venendo così a mancare l’elemento soggettivo, un evento che non avrebbe potuto essere in nessun caso evitato, valutazione da effettuarsi ex ante.
Nel caso di specie il conducente di un’autovettura era stato condannato per l’investimento e la conseguente morte di un motociclista, il quale, nell’apprestarsi a svoltare nell’ambito di un incrocio, aveva improvvisamente e imprevedibilmente perso l’equilibrio, cadendo a terra; l’automobilista, sopraggiungendo nella corsia opposta, aveva impattato con il corpo del motociclista in fase di caduta. La responsabilità penale del guidatore era stata ricondotta al fatto che lo stesso stesse tenendo una velocità superiore a quella prescritta e non adeguata alle condizioni della strada.
La Corte Suprema ha annullato senza rinvio tale pronuncia, poiché, il comportamento del motociclista era stato talmente repentino ed imprevedibile che, anche se il conducente dell’autovettura avesse rispettato le norme cautelari prescritte, non avrebbe potuto evitare l’impatto con lo stesso e l’evento morte.
Il danno non è quindi eziologicamente riferibile alla condotta imprudente dell’imputato, poiché, se non esistono dubbi in merito alla causalità materiale della condotta, altrettanto non può sostenersi riguardo alla causalità della colpa, la quale, difatti, si configura solo nel caso in cui il comportamento alternativo diligente avrebbe permesso di evitare, o avrebbe quantomeno avuto significative probabilità di evitare, l’evento.
Il Supremo Consesso afferma, difatti,che la violazione della regola cautelare e la sussistenza del nesso di condizionamento tra la condotta e l’evento non possono ritenersi elementi sufficienti per sostenere l’affermazione di responsabilità penale dell’imputato, poiché è necessario verificare se l’evento derivatone rappresenti o no la “concretizzazione” del rischio che la regola cautelare violata stessa mirava a prevenire.
Con tale pronuncia la Quarta Sezione della Suprema Corte si è conformata ad un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato in tema di responsabilità penale per colpa (Cfr. Cass. S.U. nr. 38343/2014).
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